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75° Anniversario della Liberazione - La testimonianza di Pietro Calascibetta

"Rinascita
Il 25 aprile 1945 è un giorno speciale perché segna per tutti sia la fine di un lungo e drammatico periodo di sofferenze e di mancanza della libertà, sia l’inizio della “rinascita” del paese sul piano materiale e sul piano sociale con la ricomposizione intorno ai valori della solidarietà e della cooperazione di una comunità nazionale che il fascismo aveva voluto lacerare. Questo giorno di aprile è il nostro giorno della memoria in cui raccontare le storie e la vita di chi ha vissuto quegli anni difficili , ma anche in cui raccontare quali sogni, progetti e speranze quelle stesse persone avevano coltivato negli anni della dittatura in attesa di un “ricominciamento” dopo il quale speravano di ricostruire una società in cui nulla avrebbe più dovuto essere come era stato prima.

Oggi, 25 aprile, voglio ricordare uno di questi sogni, quello di un gruppo di partigiani della 10° Brigata “Rocco”. Tre professori : Antonio Banfi, Claudia Maffioli e Luciano Raimondi e tre studenti: Angelo Peroni, Guido Petter e Vico Tulli. Il loro progetto condiviso con i loro compagni era di realizzare alla fine della guerra una scuola in cui le modalità e le regole della democrazia agite quotidianamente potessero creare il contesto più adatto per favorire l’apprendimento e la formazione di una coscienza democratica nei giovani. Avevano intuito che per ricostruire una comunità e non solo gli edifici c’era bisogno di una scuola in grado di insegnare quelle che noi oggi chiamiamo le competenze di cittadinanza che i ragazzi di allora non sapevano cosa fossero perché non ne avevano fatto esperienza dopo essere nati e aver vissuto in un paese in cui non esisteva la libertà. Fu così che dopo la liberazione dettero vita ai “Convitti Scuola della Rinascita” il primo dei quali l’ “Amleto Livi” di Milano, dal nome di un giovanissimo partigiano milanese della Brigata morto a 14 anni in un’imboscata. I Convitti nascono non solo come scuole professionali per chi non aveva potuto studiare per la guerra o per motivi economici, ma anche come centri di cultura affinché lo studente potesse diventare un cittadino colto in grado di portare il proprio contributo di idee alla crescita della società.

Il Convitto scuola era impostato come una comunità educante in cui “i rapporti tra docente e discente sono su un piano di reciproca collaborazione: ciascun corso di studio è una commissione di lavoro e di ricerca personale degli allievi orientati dagli insegnanti”” (dallo Statuto), l’insegnare e l’apprendere si intrecciavano in compiti di realtà svolti con lavori di gruppo e individuali in nuovi contesti come i laboratori o come i musei e i luoghi di lavoro. Un impianto pedagogico centrato sulla valorizzazione della relazione educativa, della comunicazione autentica e sulla partecipazione alla vita collettiva che faceva riferimento alla psicologia sociale americana di quegli anni e a studiosi come Carl Rogers e Thomas Gordon. I Convitti vengono chiamati “della Rinascita” proprio perché mettono al centro il valore dell’impegno, del rigore e dello studio personale come dovere nei confronti della collettività per permettere la ricostruzione materiale e morale del Paese. Dopo l’esperienza della dittatura , la consapevolezza del ruolo dell’educazione nella ricomposizione della comunità era in quegli anni presente anche in altre esperienze come quella molto vicina a quella dei Convitti di Scuola-Città di Firenze tuttora attiva, fondata nel 1945 da Ernesto Codignola, professore di pedagogia.
La vita dei Convitti negli anni del dopoguerra fu difficile in un’Italia stretta nella tenaglia della guerra fredda e delle contrapposizioni ideologiche senza più la possibilità di accedere a finanziamenti statali e osteggiati dai governi di allora. I Convitti finirono così per chiudere uno dopo l’altro. Il modello educativo e pedagogico dei Convitti però resistette nella scuola media legalmente riconosciuta “Amleto Livi” che nel 1974 grazie ai cosiddetti decreti delegati diventò Istituzione sperimentale statale assumendo il nome di “Rinascita- Amleto Livi” scuola media ad orientamento musicale statale con un decreto ministeriale ad hoc così da poter conservare oltre all'impostazione metodologica anche le caratteristiche strutturali ereditate dal Convitto e non presenti nelle scuole di ordinamento in quegli anni come ad esempio l’autonomia progettuale e organizzativa, il tempo pieno, un organico potenziato , una équipe di docenti per ciascun corso, la figura del tutor, l’inserimento degli studenti diversamente abili nelle classi, i laboratori, il lavoro di gruppo ecc.

Da allora l’istituto Rinascita ha costituito l’avanguardia delle riforme che man mano e in fasi alterne sono state introdotte per tutti nel sistema scolastico,Sperimentandole in anticipo ha fornito utili indicazioni al legislatore facendo sì che almeno alcune delle idee di quella scuola nuova immaginata nei giorni della lotta partigiana potessero diventare patrimonio comune della scuola italiana. Un impegno e una responsabilità di diverse decine di docenti che negli anni hanno dato il loro contributo di competenza e creatività per sviluppare quelle idee e intuizioni originali adeguandole alla realtà di un mondo in cambiamento e all'evoluzione del pensiero pedagogico e delle teorie dell’apprendimento grazie anche alla collaborazione di docenti universitari come Cesare Scurati, Antonio Brusa, Riccardo Massa, Luciano Corradini, Anna Rezzara e lo stesso Guido Petter divenuto docente di psicologia dell’età evolutiva a Padova. Una storia questa che mi è particolarmente cara perché sono stato uno dei dirigenti che ha avuto l’onore e la responsabilità di insegnare prima e di dirigere poi l’Istituto Rinascita Amleto Livi raccogliendo l'eredità di Maria Luisa Bargero Boetti a cui si deve la riorganizzazione e il consolidamento della sperimentazione..."

di Pietro Calascibetta

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